Moliterno è famosa come luogo di produzione e stagionatura di formaggi pecorini. Dediti da sempre all’attività pastorizia e casearia, i moliternesi, in dal ‘700, epoca a cui risalgono le prime testimonianze storiche, fecero della cura del pecorino, un’attività primaria. L’economia casearia di Moliterno è oggi una realtà culturale e socio-economica concreta. In questo senso i Moliternesi hanno acquisito nel tempo fama durevole, non solo in Italia ma anche all’estero. Il pecorino canestrato di Moliterno è un formaggio a pasta dura semi stagionato o stagionato, prodotto con latte ovino e caprino, secondo metodi tradizionali. Motivo principale della mescolanza del latte di specie diverse è da ricercarsi nel fatto che gli allevamenti locali sono tradizionalmente costituiti sia da ovini che da caprini, in percentuale variabile. Tale valore, dal punto di vista organolettico, conferisce al prodotto una migliore resa quali-quantitativa alla trasformazione e quell’aroma che fanno del “Canestrato di Moliterno” un formaggio unico.
Tra i fattori che manifestano una più spiccata influenza, è opportuno ricordare quelli legati all’animale, a ambiente ed all’allevamento. La razza ovina più diffusa sul territorio è la pecora “Gentile di Lucania” derivata dalla “Gentile di Puglia”: è molto rustica e molto ben adattata alle condizioni climatiche ed orografiche della zona. La scarsa attitudine per la produzione lattea ha comportato, e comporta in parte, tuttora, rese unitarie di latte non elevate alla quale, però, corrisponde una eccellente qualità del latte con elevati tenori in grasso e proteine. La lavorazione del Canestrato di Moliterno avviene con metodi molto simili a quelli adoperati nel passato; ciò comporta che le tecniche di caseificazione seguano schemi artigianali e che l’intero processo di formazione veda impegnate alcune unità lavoratrici, generalmente donne, per una o più ore al giorno, in base alla quantità di latte.
La complessa stagionatura, divisa in varie fasi, avviene con continui controlli e manipolazioni con l’abile tocco dei polpastrelli delle dita delle mani. A stagionatura ultimata il formaggio possiede un aroma intenso ed un sapore marcato. La pressatura prolungata dà origine ad una grana compatta, con occhiatura rara, fine ed uniforme. Dal punto di vista merceologico queste due caratteristiche conferiscono al prodotto notevole pregio: alla degustazione, infatti, la compattezza della grana esalta l’intensità dell’aroma e la forza del sapore, mentre l’occhiatura favorisce la formazione della lacrima, che a sua volta aumenta la “palatabilità” di questo formaggio, ossia l’aroma, il gusto e la compattezza della grana all’esame del palato. Una caratteristica della “storia” del canestrato è l’ambiente di stagionatura chiamato “fondaco“; questo è un ambiente molto fresco e ben aerato dove la concomitanza di vari fattori determina la formazione del microclima indispensabile per ottenere un prodotto qualitativamente eccellente. Nelle zone storiche del paese la tipologia di fondaco è quella seminterrata.
Dal punto di vista architettonico i”fondaci” hanno forma semplice, quadrata o rettangolare, presentano un pavimento in leggera pendenza per facilitare lo smaltimento dell’acqua, il soffitto è realizzato con travi di legno e sulle tre pareti libere si ricavano delle finestrature per permettere il ricambio dell’aria e la ventilazione.
Di solito il”fondaco” è un unico grande ambiente diviso da numero delle arcate è proporzionale alla grandezza del fondaco normalmente sono due o tre); tale schema si rende utile e necessario nelle varie fasi della stagionatura affinche il prodotto fresco non “disturbi” quello in fase più avanzata di affinamento. I materiali costruttivi utilizzati normalmente nelle opere edili del tempo sono: pietrame locale per la costruzione delle murature, legno di castagno o abete utilizzato per la realizzazione delle strutture portanti, mattoni rossi per la sistemazione del pavimento; gli intonaci si realizzavano con malta di calce a granulometria grossa che dava alle superfici un aspetto ruvido e spugnoso. Perché “canestrato”? Perché le forme presentano, esteriormente, la striatura tipica impressa dai canestri di giunco nei quali esso viene preparato. La pezzatura, in seguito alla lavorazione artigianale, si presenta, a seconda del produttore e/o della diversa disponibilità di latte, con peso medio di una forma sui 3- 5 chili; le dimensioni variano ovviamente, in base al peso: nel caso di una pezzatura media, il diametro raggiunge i 20-25 centimetri, mentre lo scalzo ossia l’altezza della forma, misura 10-13 centimetri.
A riprova della genuinità del formaggio il fatto che cambia alcune caratteristiche a seconda della stagione di mungitura del latte, e quindi a seconda delle erbe dei pascolo. Il canestrato prodotto in primavera e stagionato per 3-5 mesi, infatti, si presenta di colore giallo, mentre l’interno è bianco latte. Esiste, anche, un canestrato di qualità ancora più elevata, definito “primitivo” che è prodotto durante l’inverno e viene stagionato per 2-3 mesi; questo si presenta con un colore uniforme, giallo intenso quasi marrone esternamente, bianco avorio nell’interno. Oggi, a tutela della storia e della qualità del prodotto, è stato dato al formaggio il marchio IGP, ovvero quello di “Indicazione Geografica Protetta”, e i produttori si sono così riuniti in un Consorzio.
Un disciplinare regola il riconoscimento del marchio in base all’area geografica, costituita dai territori amministrativi di 60 comuni di cui 46 in provincia di Potenza e 14 in provincia di Matera.
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